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La rieducazione posturale nella malattia del Parkinson

Blog Pancafit

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PADOVA FACOLTA’ DI MEDICINA E CHIRURGIA CORSO DI LAUREA IN FISIOTERAPIA

Tesi effettuata da Elisa Grespan (Formazione Base Metodo Raggi®) studentessa di Fisioterapia c/o la Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università degli Studi di Padova, A.A. 2003/2004

Questo è un abstract della tesi, il cui testo originale è composto da 40 pagine.

1. Introduzione

La Malattia di Parkinson è una malattia degenerativa che colpisce il Sistema Nervoso Centrale, interessando sia l’aspetto motorio del paziente sia tutti i sistemi adattativi dell’uomo.

Alterazioni motorie, disturbi cognitivi, ed alterazioni del sistema neurovegetativo, compromettono il paziente nella sua globalità, alterando la sua vita di relazione. Per questo motivo il Morbo di Parkinson è considerato come una “malattia della vita di relazione”.

L’alterazione, dovuta alla patologia, del Sistema Cortico Striatale, che connette i Gangli della base alla corteccia prefrontale, porta ad una diminuzione della capacità di pianificare e modulare tutte le attività motorie.

I segni cardine della patologia sono la bradicinesia, la rigidità, e il tremore. Tutti i segni sono invalidanti, ma fra tutti è la rigidità a limitare maggiormente il soggetto.

Infatti la rigidità associata alla particolare postura che il soggetto tende ad assumere con il tempo, ovvero una postura in flessione globale del corpo (camptocormica), dove il paziente appare come “ripiegato” su se stesso, comporta notevoli limitazioni e lo rende sempre meno autonomo. Tale postura comporta lo spostamento del baricentro in avanti con l’aumento della possibilità di cadute, dovute inoltre alla crescente rigidità, alla bradicinesia ed alla diminuzione dei riflessi di raddrizzamento che impediscono al soggetto di adattarsi alla perturbazioni esterne.

Con il progredire della malattia si instaura una curvatura del collo e della schiena, che può diventare definitiva, per cui il mento viene mantenuto per lo più sul petto.

  • Postura camptocormica à baricentro spostato in avanti à aumento del rischio di caduta
  • Rigidità à minore equilibrio
  • Bradicinesia à minore capacità di rispondere agli squilibri tempestivamente

Scopo di questo lavoro è di verificare se tramite una rieducazione posturale globale che porta il “sistema” corpo ad un corretto equilibrio tramite “l’allungamento delle strutture muscolari”, si possa influire sulla diminuzione della rigidità con conseguente miglioramento della postura, dell’equilibrio, della deambulazione, modificando la relazione paziente-ambiente esterno.

2. Scopo

Nei pazienti parkinsoniani vengono ad instaurarsi delle modificazioni posturali, conseguenti alla patologia, che vanno a limitare la motilità generale del paziente, la deambulazione, ed incidono sull’equilibrio, e che, se associate ad altri segni, causano molte difficoltà nello svolgimento delle ADL, da quelle più elementari a quelle più complesse.

Lo studio proposto si pone pertanto l’obiettivo di verificare se un’azione volta ad un allungamento muscolare globale possa incidere positivamente sulla riduzione dei principali sintomi, soprattutto sulla rigidità, migliorando la postura con diminuzione della camptocormia, riduzione della rigidità, miglioramento della deambulazione e dell’equilibrio.

3. Materiale e Metodi

E’stato utilizzato, adeguandolo al paziente parkinsoniano, un metodo che trae le sue basi dalla Rieducazione Posturale Globale di Souchard e dalla sua teoria del Campo Chiuso.

Per questo sono stati analizzati 12 individui di età compresa fra i 70 e gli 85 anni, scelti in base alle caratteristiche della sintomatologia, ossia della gravità della rigidità, della compromissione della postura e della deambulazione, e dell’equilibrio, non tenendo conto né dell’età, né del sesso, o livello culturale.

I soggetti sono stati divisi in tre gruppi composti da 4 pazienti ciascuno sulla base della stadiazione modificata secondo Hoehn e Yahr, in modo tale da renderli il più omogenei possibile.

Il primo gruppo, Sperimentale, è stato trattato con la rieducazione neuromotoria (15 sedute da 45 minuti) associata all’allungamento muscolare globale (15 sedute da 45 minuti); il secondo, Controllo 1, con la sola rieducazione neuromotoria; ed il terzo, Controllo 2, con il solo allungamento muscolare globale.

All’inizio e alla fine delle sedute di training, i pazienti sono stati valutati tramite alcunescale di valutazione:

  • UPDRS (Unified Parkinson’s Disease Rating Scale) sezione motoria, e Disability
  • Rating Scale Motilità Generale per quantificare le limitazioni del paziente globalmente;
  • Columbia Rating Scale Rigidità e Disability Rating Scale Rigidità, per quantificare il grado di rigidità;
  • Tinetti Equilibrio e Tinetti Andatura, per valutare le limitazioni e verificare le variazioni dopo trattamento della rigidità.

4. Risultati e Conclusioni

Si sono riscontrati, rispetto agli altri due gruppi, rilevanti miglioramenti nel Gruppo Sperimentale. I progressi sono riscontrabili in tutte le scale di valutazione, a parte le sezioni riguardanti il tremore, dove non vi è stata variazione o se vi è stata è leggermente negativa.

Lo scopo della tesi proposta era di verificare se una rieducazione posturale che si basi sull’allungamento globale delle strutture muscolari potesse diminuire la rigidità ed influenzare positivamente la deambulazione e l’equilibrio.

Vengono proposti dei grafici che mettono a confronto il punteggio complessivo ottenuto, da ogni gruppo, nella somministrazione delle scale prima e dopo trattamento riabilitativo specifico.

Il Grafico 1 ed il Grafico 2 riguardano la Motilità Generale, e come si può notare il Gruppo Sperimentale ottiene una maggiore riduzione del punteggio rispetto agli altri due gruppi, decrementandolo di 60 punti rispetto ai 44 del Gruppo Controllo 1 e ai 37 del Gruppo di Controllo 2, quindi una maggiore riduzione dei limiti imposti dalla patologia.

Grafico 1 : confronto dei punteggi totali del Gruppo Sperimentale, del Gruppo Controllo 1, del Gruppo Controllo 2 prima e dopo training riabilitativo, nella scala di Valutazione UPDRS sezione motorio.

Grafico 2 : confronto dei punteggi totali del Gruppo Sperimentale, del Gruppo di Controllo 1, del Gruppo di Controllo 2 prima e dopo training riabilitativo, nella scala di valutazione Disability Rating Scale Motilità Generale.

I Grafici 3 e 4 riguardano la rigidità, ed anche qui si può riscontrare un evidente miglioramento del Gruppo Sperimentale, con una riduzione del punteggio totale iniziale di 36 punti, rispetto ai 19 del Gruppo di Controllo 1, e 17 del Gruppo di Controllo 2.

Gli ultimi due Grafici riguardano l’equilibrio e l’andatura, e sono necessari al fine di valutare se la riduzione della rigidità possa influire positivamente proprio sull’equilibrio e sull’andatura. Qui, a differenza delle altre scale di valutazione un aumento di punteggio indica una minore compromissione dei parametri presi in considerazione.

Si può verificare un incremento del punteggio nel Gruppo Sperimentale di 25 punti, maggiore rispetto ai 23 del Gruppo di Controllo 1, e ai 20 del Gruppo di Controllo 2.

Grafico 3 : confronto dei punteggi totali del Gruppo Sperimentale, del Gruppo di Controllo 1, del Gruppo di Controllo 2 prima e dopo training riabilitativo, nella scala di valutazione Columbia Rating Scale Rigidità

Grafico 4 : confronto dei punteggi totali del Gruppo Sperimentale, del Gruppo di Controllo 1, del Gruppo di Controllo 2 prima e dopo training riabilitativo, nella scala di valutazione Disability Rating Scale Rigidità.

Grafico 5 : confronto dei punteggi totali del Gruppo Sperimentale, del Gruppo di Controllo 1, del Gruppo di Controllo 2 prima e dopo training riabilitativo, nella scala di valutazione Tinetti Equilibrio.

Grafico 6 : confronto dei punteggi totali del Gruppo Sperimentale, del Gruppo di Controllo 1, del Gruppo di Controllo 2 prima e dopo training riabilitativo, nella scala di valutazione Tinetti Andatura.

Visti i miglioramenti ottenuti dal Gruppo di Controllo 2, trattato con il solo allungamento muscolare globale proposto, si può affermare che questo incide positivamente sulla riduzione della rigidità. La sua efficacia è più elevata se affiancato alla rieducazione neuromotoria, come confermano i risultati ottenuti dal Gruppo Sperimentale, poiché il paziente necessita di essere stimolato cognitivamente alla presa di coscienza della modificazione della propria postura, della riduzione della rigidità, e quindi della maggiore libertà di movimento che acquisisce. Sarebbe opportuno poter rivalutare a distanza di tempo i pazienti trattati di tutti e tre i gruppi, per verificare se i miglioramenti ora ottenuti persistono o se vi sono variazioni sia per quanto riguarda i parametri presi in considerazione durante il training, sia per quanto riguarda le ADL. Inoltre durante la sperimentazione è risultato come dato un po’ negativo il tremore, che o rimane stabile, o in alcuni casi peggiora leggermente, molto probabilmente a causa della diminuzione della rigidità e quindi della fissità data dal tronco. I pazienti, comunque, interpellati sulla variazione dell’intensità del tremore, riferiscono di non ritenerlo un sintomo particolarmente invalidante e lo preferiscono alla rigidità, che impedisce loro il normale svolgimento delle ADL. Sarebbe interessante valutare, anche qui, l’andamento del sintomo tremore, e come i pazienti hanno sopperito a tale modificazione.

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