Ci sono situazioni, relazioni, abitudini che ci fanno male. Eppure restiamo lì, legati, ancorati a quel disagio come se non potessimo farne a meno.
Non ce ne rendiamo sempre conto, ma qualcosa dentro di noi – anzi, prima ancora sopra di noi – lo percepisce con chiarezza: il corpo.
Il corpo sa. Registra. Reagisce. Lo fa attraverso segnali spesso silenziosi ma inequivocabili: tensioni che non passano, rigidità diffuse, dolori muscolari ricorrenti, difficoltà respiratorie, stanchezza inspiegabile.
Molto prima che la mente ammetta che qualcosa non va, è la postura a rivelarlo, con le sue tensioni, rigidità, dolori.
Il ciclo sottile tra “vittima e carnefice”
Nella nostra quotidianità ci muoviamo dentro dinamiche sottili, spesso inconsapevoli. A volte ci sentiamo schiacciati, inascoltati, impotenti.
Altre volte ci accorgiamo che stiamo controllando, reagendo, attaccando. Senza volerlo, senza nemmeno capirne il perché, possiamo passare dal ruolo di “vittima” a quello di “carnefice”, e viceversa.
Non parliamo qui di psicologia o diagnosi cliniche, ma di ciò che il corpo esprime con la sua mimica gestuale e soprattutto con ciò che si percepisce al suo interno.
Perché ogni volta che assumiamo una postura chiusa, quando tratteniamo il fiato, quando sentiamo di doverci “difendere” o “imporre”, il nostro sistema posturale si adatta. E l’adattamento, se prolungato, diventa uno schema disfunzionale che può portarci nel tempo a sviluppare veri e propri blocchi posturali.
La vittima tende a chiudersi. Il carnefice tende ad avanzare e ad irrigidirsi. Entrambi soffrono, entrambi somatizzano.
Quando il dolore diventa “casa”: la sindrome di Stoccolma quotidiana
Esiste un fenomeno, noto soprattutto in ambito psicologico, che viene chiamato “sindrome di Stoccolma”. Si manifesta quando una persona sviluppa un legame affettivo o emotivo verso ciò o verso chi la danneggia.
Sembra assurdo, ma accade più spesso di quanto immaginiamo.
Può accadere con un’abitudine che ci consuma, con una relazione che ci svuota, con un ambiente che ci spegne. Sappiamo che ci fa male, eppure restiamo lì. Lo difendiamo, lo giustifichiamo, lo interiorizziamo.
E il corpo? Registra tutto.
Il respiro si fa corto, il torace si chiude, il diaframma si blocca, le spalle si alzano in segno di difesa, la cervicale si infiamma. E la schiena, giorno dopo giorno, inizia a cedere.
Questa è la forma fisica che assume, nel tempo, la dipendenza dal disagio.
È la “sindrome di Stoccolma posturale”. Invisibile, ma concreta.
Il corpo non mente mai
Ogni emozione trattenuta, ogni pensiero ripetitivo, ogni meccanismo mentale ossessivo lascia una traccia. Non nel vuoto, ma nella muscolatura, nei tessuti e nelle articolazioni.
Il nostro corpo è un diario. Un registro vivente delle esperienze non elaborate. E quando i carichi diventano troppi, lui si blocca. Non tanto per punirci, ma per segnalarci che è ora di guardare dentro.
Il professionista formato Raggi Method® che lavora ogni giorno con Pancafit® e Pancafit Vertical® lo sa bene.
Quando una persona si sdraia e inizia il lavoro di “allungamento muscolare decompensato”, il corpo parla. A volte si libera, altre volte resiste, altre ancora esplode in emozioni trattenute da anni.
Riequilibrio posturale ad approccio globale Raggi Method®: quando il corpo cambia, tutto cambia
Il Riequilibrio Posturale ad Approccio Globale Decompensato®, ideato dal Prof. Daniele Raggi, parte proprio da questa consapevolezza: la causa del dolore non è dove il dolore si manifesta.
Attraverso gli attrezzi posturali Pancafit® e Pancafit Vertical® si lavora proprio sulle catene miofasciali nella loro globalità. Non si cerca solo il sollievo locale, ma un vero e proprio reset posturale. Si ascolta il corpo nella sua totalità, e lo si accompagna verso la libertà.
Liberare una spalla significa spesso liberare un’emozione.
Sbloccare il bacino può significare ritrovare centratura.
Respirare a fondo, per la prima volta dopo anni, può significare tornare a sentirsi vivi.
Spesso restiamo dentro le stesse dinamiche perché non ci accorgiamo di averne una scelta. Ma scegliere significa iniziare a guardare, a sentire, a muoversi in modo nuovo.
Non è un cambiamento che avviene tutto insieme, ma un processo, un cammino.
Il corpo è il nostro alleato più sincero lungo questa strada.
Ci accompagna, ci avvisa, ci sostiene — se sappiamo ascoltarlo.
Iniziare a prendersene cura con i giusti attrezzi come Pancafit® o Pancafit Vertical® non è solo un atto terapeutico: è un atto di rispetto verso se stessi.
Un modo per dire: “non voglio più restare nella tensione, nella chiusura, nella fatica”.
Se desideri approfondire di più su questi argomenti, ti ricordiamo che questi temi potrai ritrovarli all’interno del percorso online Life Revolution – 13 Passi in Metaposturologia®.
A Giugno, insieme al Prof. Daniele Raggi e alla Dott.ssa Michela Cavagnaro, esploreremo strumenti pratici, riflessioni guidate ed esercizi corporei per:
- sciogliere automatismi mentali e fisici,
- ritrovare lucidità e centratura,
- alleggerire il corpo… e con lui, anche la vita.